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da capitan1cino » 17/04/2020, 15:47
Personalmente, non credo che la contrapposizione tra terreni, associazioni e la fruizione di spazi naturisti pubblici possa giovare a qualcuno. Chi puntava unicamente sul naturismo praticato in spazi privati sta via via facendo i conti un l'invecchiamento e la riduzione della propria clientela. Invece che puntare sul far pagare il 'privilegio' di praticare la nudità sociale in spazi privati i gestori dovrebbero pensare a reggersi sul fornire un servizio di qualità ai propri clienti, dove per qualità intendo non necessariamente servizi esclusivi o di 'elite', come qualcuno pensa, ma semplice cura dell'ambiente e attenzione per i propri clienti.
Le associazioni, come mi pare stia facendo A.N.ITA. (altrimenti non ne farei parte), devono lavorare per promuovere il naturismo nel terreno sociale in cui operano.
Gli spazi pubblici sono il riconoscimento del diritto dei naturisti di poter fruire dell'ambiente secondo il loro modo di pensare e agire, nel rispetto di se stessi, del prossimo, dell'ambiente e delle leggi. Non si capisce perchè tutto questo dovrebbe poter essere svolto in spazi privati. E' proprio la legittimazione di spazi pubblici che può aprire il movimento naturista e garantirgli la sopravvivenza in una società che tende ad omologare pensieri e comportamenti.
Aggiungo che personalmente quando devo scegliere un luogo dove soggiornare non mi accontento certo di un fazzoletto di terra più o meno grande dove poter star nudo, ma ho bisogno di poter contare su una rete di spazi pubblici e privati dove poter praticare in serenità e incontrare persone con le mie attitudini. Gli spazi privati hanno dunque la necessità di avere vicino anche degli spazi pubblici, e le due cose si sorreggono a vicenda. Questa è almeno la mia esperienza.
Riguardo al comunicato di UNI, non mi stupisce quanto scrivono. E' l'ennesima conferma che ho fatto bene a non entrarne a far parte pur vivendo in Piemonte e lavorando a Torino a pochi km dalle Betulle. Se per 'naturismo fine a se stesso' intendono 'naturismo non a scopo di lucro', mi sembra la dimostrazione della contraddizione del loro operato o, meglio, 'non operato' alla guida di una federazione che stava implodendo a causa di una lunga serie di miopi scelte.
Riguardo al non sostegno di una rivista esclusivamente distruibuita ai soci, con contenuti spesso discutibili, con una ripartizione opaca di costi e profitti tra UNI e le altre associazioni federate, e dulcis in fundo una redazione autocratica. Come si poteva sostenere una cosa del genere? Personalmente, appena ne ho avuto la necessità ho rinunciato a riceverla. Anche in questo caso, ancora oggi felice della mia scelta.
L'uscita di UNI da FENAIT e le mosse 'politiche' che ha fatto per continuare ad operare in Italia fuori da FENAIT in sprezzo allo statuto di INF e al comune buon senso e buon gusto stanno contribuendo ad evidenziare le contraddizioni presenti in INF. Contraddizioni che spero possano risolversi anch'esse al più presto per liberare risorse intellettettive, di opere ed economiche a favore del naturismo nel suo complesso, senza l'oppressione di una parte sul tutto e soprattutto senza furbizie e sotterfugi che fanno male a un movimento che promuove il rispetto per se stessi e il prossimo ...
Chi vivrà, vedrà.
Alessandro
Socio A.N.ITA.